Campagna amica a km zero: sarà vero…?

Dopo anni che rimando la cosa, alla fine mi sono deciso oggi a fare la spesa presso il mercato Campagna che la Coldiretti organizza ogni sabato dalle mie parti. Perchè non ci sono mai andato prima? Perché a dire il vero c’è un ottimo mercato bi-settimanale (mercoledì e sabato) anche in centro città, dove alcuni produttori locali hanno il proprio banchetto e mi sono sempre trovato bene. Unica pecca sono i soliti sacchetti di plastica. Dato che non mi organizzo mai prima portandomi un mio sacco, alla fine ogni banchetto mi dà il suo sacchetto di plastica (rigorosamente non compostabile) e alla fine torno a casa con 3 o 4 sacchetti.

Intendiamoci: colpa mia, che dovrei invece andare con i miei sacchetti portandoli da casa. Ma poi mi è venuta la curiosità di sperimentare il mercato di Campagna amica: se sono tanto attenti alla tutela dell’ambiente sicuramente avranno adottato soluzione interessanti per ridurre scarti e imballaggi. Mi immaginavo ad esempio la distribuzione dei prodotti in cassette di legno o sacchetti di carta, o almeno compostabili. Invece… Diciamo subito che ho fatto una buona spesa, e non voglio assolutamente lamentarmi dei prodotti che ho comprato.

La spesa che ho fatto…

Però per prima cosa ho scoperto che di fatto si tratta di un luogo dove i vari produttori espongono la propria merce in maniera assolutamente identica al classico mercato della frutta e verdura. In aggiunta, ho scoperto che la regola del “km zero” è interpretata in maniera decisamente flessibile, dato che fra l’altro c’erano anche le arance di Matera e i limoni dalla Campania. In molti casi non veniva venduta la merce direttamente dal produttore, ma da intermediari locali. Ma la cosa più importante è che non ho trovato alcuna differenza con il mercato tradizionale rispetto ai sacchetti ed imballaggi proposti: alla fine sono tornato indietro con 60 grammi di plastica non riciclabile. Peccato.

Gli imballaggi che mi hanno rifilato…!

Il latte, primo insormontabile problema!

Niente da fare: il latte ormai lo trovate solo nella plastica o nel tetrapak. Al momento non lo trovo più neanche nelle bottiglie di vetro. Non che il vetro sarebbe la soluzione ideale: non esistendo (più…?) il vuoto a rendere, anche il vetro presuppone un processo di recupero e ri-fusione comunque dispendioso in termini energetici e di emissioni nell’ambiente (pensate ai trasporti, al lavaggio, lavorazione, ri-etichettatura, lo smaltimento dei tappi, ecc ecc). Per vostra informazione in Italia il percorso di riciclo del vetro è gestito dal Co.Re.Ve. (Consorzio Recupero Vetro), secondo il quale nel 2017 “il tasso di riciclo, ovvero il rapporto tra quanto riciclato e l’immesso al consumo, è cresciuto dal 70,8% del 2016 al 72,8%”. 

Anche se il Presidente del CoReVe ha dichiarato che “Un punto dolente è la qualità della raccolta. Infatti, l’aumento delle quantità è stata accompagnato da una maggior presenza di materiale improprio conferito insieme al vetro. Ciò è stato deleterio in quanto non solo ha rallentato gli impianti di recupero e riciclo del materiale ma ha anche aumentato gli scarti, parte dei quali sono perdite improprie di vetro. Infatti, negli impianti di selezione sono espulsi i frammenti di ceramica, cristallo, pyrex e altri oggetti, molti dei quali imballaggi, ma anche, inevitabilmente, i frammenti di vetro loro contigui. Tutto questo materiale, parte del quale potrebbe essere benissimo riciclato, va in discarica, opzione spiacevole e tendenzialmente sempre meno disponibile. Una maggior attenzione da parte del cittadino potrebbe evitare tutto ciò”.

Ora io “a naso” avrei un poco da opinare sulla dichiarazione del Presidente del CoReVe, perché invece di attribuire interamente la colpa delle inefficienze al cittadino forse farebbe meglio anche a citare le inefficienze degli altri attori coinvolti e di varie inefficienze che continuano a creare problemi (un esempio per tutti: ogni volta che vado in viaggio in qualche altra regione, ma a volte anche nella provincia accanto, devo passare un quarto d’ora a decifrare i bidoni della raccolta differenziata, che a volte è multimateriale, altre volte chiede di separare il vetro dal reso, a volte è verde, altre azzurro, o marrone… Vuoi che anche io, pur con tutta la buona volontà, non abbia a volte sbagliato a buttare qualcosa…?).

Ma in ogni caso il problema non si pone perché sul mercato (almeno dalle mie parti, a Pistoia e dintorni) non si trova proprio nessun produttore che distribuisca il latte in bottiglia di vetro. Se qualcuno invece sa dove trovarlo mi faccia sapere, gliene sarò molto grato.

Il latte al supermercato sotto casa mia. Vetro: niente…

Nel frattempo però pare utile parlare della distribuzione del latte spillato. Qualche anno fa pareva essere una gran moda, a anche a Pistoia ne comparve uno, che durò qualche mese, per poi chiudere miseramente. Era nata in quel periodo (credo fosse il 2012 o 2013) anche un’interessante iniziativa nazionale, di cui rimane traccia nel sito Milk Maps. A quanto pare nella mia provincia: niente. Ma il punto è piuttosto un altro: la moda del latte alla spina andava di pari passo con il “latte crudo”, ossia non pastorizzato, e quindi da bollire prima di consumare, e ovviamente con vari problemi di conservazione. Non ho mai trovato dalle mie parti il latte alla spina già pastorizzato. Mi sembra che l’approccio commerciale puntasse ad un’utenza un po’ particolare e altamente motivata da intenti nutrizionisti, prima ancora che ambientali. Un target nel quale onestamente non mi riconosco, e dopo un paio di volte che mi sono servito a suo tempo ho cominciato a pensare che dover correre a casa a bollire il mio litro di latte fosse in realtà una gran scocciatura. Non sarebbe più semplice un distributore di latte già pastorizzato, grazie al quale potersi riempire il proprio contenitore a piacimento…?